“Tieni figliolo questa l’ho trovata a terra in mezzo alla ghiaia”.
Comincia così il mio viaggio attraverso la musica.
Sono Giovanni chiamato anche Jo’, Jovy, Baci, Brasilia (per via del cognome Carnevali).
La cosa trovata da mio papà era la musicassetta color caco di Acqualung dei Jethro Tull. Dopo un nanosecondo ero sulla Fiat 128 bianca del vecchio ad ascoltarla sul Autovox RA 183 A: ne rimasi fulminato. Dopo qualche anno conobbi chi la ebbe smarrita durante una sessione “psichedelica” nella cava dove lavorava mio padre.
Poi, è stato un lungo susseguirsi di eventi favorevoli a far si che il bagaglio musicale si formasse: dagli acquisti dal sacrestano della chiesa di materiale piratato, al primo impianto stereo pagato col sudore della fronte nei campi di pomodori (per quello mi piace molto il blues).
Poi la grande stagione dei concerti in Emilia e sul Bresciano. Sì, perché a Mantova non si batteva chiodo. Primo tra tutti a Parma, Ginger Baker & Friends, dove a metà concerto il batterista rosso dei Cream collassò sulla doppia grancassa della sua Ludwig (fu portato nel backstage e ne uscì dopo 5 minuti ricominciando a pestare come un forsennato. Sicuramente non bevve una Coca Buton).
Nel frattempo, dopo il diploma di chimico industriale (infatti io da piccolo smontavo qualsiasi device elettronico, che allora non si chiamavano così), iniziai a lavorare in un’azienda metallurgica e poi nelle telecomunicazioni. Come dire: “avere obbiettivi chiari di quello che si vuol fare”.
Insomma una vita scandita da lavoro, amicizie normali (ma anche no), nel segno della musica vissuta, ascoltata e purtroppo non prodotta. Infatti, un mio grande cruccio nonché un grandissimo sogno mai realizzato, è stato proprio il desiderio di poter imbracciare una chitarra elettrica con cui poter emulare i miei idoli di ragazzino.
Arriviamo così ai giorni nostri, quando, per mezzo di una vera amica ,mi è stata offerta la possibilità di partecipare al progetto Mikroradio